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Berget 7 - Three Kings

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Anche quest’anno è stato un vero piacere condividere questa esperienza con altri 100 ragazzi provenienti da tutta Italia.
La Compagnia Lima "All Italians" ha visto Sven, nel ruolo di Company Commander, Maso come coordinatore del primo plotone ed io come coordinatore del secondo.


In fase pianificativa ho reputato necessario predisporre un vademecum atto a standardizzar le procedure inerenti le ROE, posti di blocco, accessi perimetrali e POA.
Inoltre ho stampato gli attestati-ricordo per tutto il mio plotone. Pensavo che fosse anche un modo per fare conoscenza e cominciare a vivere nel migliore dei modi questa esperienza.

Appena arrivati con gli altri al campo NATO, sono sommerso dalle richieste più disparate a cui non so dare risposta.
Pare ci sia un problema con i posti in tenda.
Prima di partire avevo stampato dei cartelli con l’identificativo della Sierra e del Plotone da affiggere fuori la tenda.
Questo, in parte, ha messo un po d’ordine.
Il giorno successivo la Crew ha risolto ogni problema.
Dopo aver assistito al Briefing tenuto da Sven, faccio conoscenza con gli squad leader del secondo plotone.
Sono ragazzi validissimi e le premesse per vivere al meglio il Berget ci sono tutte.

Intonare l’inno di Mameli è stato toccante davvero (metto le mani avanti e specifico per i più polemici, che tutte le nazioni lo avevano, evitiamo di ricamarci sopra più del dovuto) ed ha contribuito a rendere il gruppo ancora più coeso.
Come prima missione dovevamo acquisire la Miners Hut, una vecchia miniera presidiata dagli SRP (truppe separatiste).
Sven riesce a far ripiegare gli occupanti promettendogli che la NATO li avrebbe appoggiati per le elezioni che si sarebbero tenute l’indomani a Bashir City.
Obiettivo conseguito senza sparare un colpo. Una volta rientrati alla base, stringo amicizia con Ile, instancabile marconista della Compagnia e con British, interprete ufficiale.
Il giorno successivo la Compagnia viene spostata dove è richiesto il suo intervento.
Entriamo anche a Bashir City aiutando la popolazione a respingere un attacco ostile.
La città è davvero ben realizzata. Le costruzioni in legno si stagliano all’orizzonte, sono un po spartane, ma fa parte del gioco.

Troviamo una chiesa con il sacerdote, la banca, il municipio, l’ospedale, il market e, la struttura più acclamata, il bordello. Dando qualche Berget Dollar (banconote ufficiali del gioco) alle prostitute o al medico, si veniva curati e magari si aveva anche l’occasione di scattare qualche foto, inutile dire che il medico è stato il personaggio meno immortalato.
Respinto l’attacco avversario, stabiliamo un perimetro difensivo intorno alla città e, non appena tornata la calma, ci defiliamo. Il primo ingaggio con i mercenari lo abbiamo in cima ad una montagna. Un nostro POA viene in contatto con alcuni ostili e di li a poco si scatena l’inferno.
Riusciamo a respingere i mercenari che non hanno accolto di buon grado la notizia di doversi ritirare date le ingenti perdite subite.
Davvero suggestivo vedere la compagnia dispiegata ed il nostro bel tricolore garrire al vento.
Non è per patriottismo "spinto", ma si gioca tutti dalla stessa parte, ci si aiuta e le diatribe vengono lasciate sul web.
Implatonati, raggiungiamo la Miners Hut presidiata dai separatisti, che questa volta non appaiono così amichevoli.

La miniera è posizionata su un’altura rocciosa e sembra una rocca inespugnabile.
Inizialmente il secondo plotone avrebbe dovuto fare da diversivo e concentrare su di se il fuoco dei separatisti, mentre il primo plotone di Maso sarebbe piombato dal bosco sui difensori. La tattica concepita da Sven non aveva pecche e sulle prime riusciamo a contenere il fuoco avversario, ma poi l’ingaggio si fa aspro e si combatte fino allo stremo delle forze per guadagnare anche un solo metro. Io ero nelle retrovie e cercavo di mantenere compatte le varie Sierra del II Plotone grazie all’ausilio dell’ottimo Venom, marconista instancabile.
Recuperando le ultime forze, spingiamo il piede sull’acceleratore spostando le minimi al centro dello schieramento e facendo avanzare le ali che sfruttano a dovere la copertura offertagli.
Dopo un braccio di ferro durato a lungo, riusciamo a sfondare e conquistare la cima della Miners Hut. E’ fatta! Ci disponiamo a presidio.
L’ottimo Maso dispiega il suo plotone in alto, mentre al secondo plotone spetta vigilare il lato valle.
Il sole si staglia all’orizzonte, compagno instancabile del Berget, pare non perda occasione per osservare l’evolversi degli eventi.
Tornati alla base facciamo rapporto al Comandante NATO e la giornata si conclude. Il giorno successivo ci inviano a Bashir City per assicurare la pace in città.
A parte qualche piccola sacca di resistenza separatista ed un thank avversario che ci ha dato filo da torcere, abbiamo vigilato sulla città per otto ore. La staticità della situazione ha fatto vacillare qualcuno, ma il bottino portato a casa è ricco.
I ragazzi di Maso hanno sequestrato un grosso quantitativo di droga ed il Comando NATO si è dimostrato compiaciuto del nostro operato.
Complice la giornata monotona ed un po di stanchezza, poche persone partecipano alla missione assegnataci successivamente, la maggior parte andrà a mangiare una pizza in città.

Per il secondo plotone siamo presenti solo io ed Arvis, che ci uniamo ad altri 28 ragazzi del primo plotone.
L’esigua parte restante della forza è impiegato lungo il perimetro della base NATO sotto la direzione di Sven e Maso, coadiuvati dall’instancabile Basetta.
Dovevamo recuperare alcune taniche di carburante presso la Traveller’s Lodge, un punto di respawn presidiato dai mercenari. Sven tiene il briefing magistralmente, trenta persone mi sembrano davvero poche, ma nessuno si fa abbattere. Data la poca armonia di medici e supporto presenti nelle Sierra, divido lo schieramento in due squadre cercando di distribuire le forze.
Non ho nulla da insegnare a nessuno e con la massima umiltà, cerco di standardizzare le procedure tenendo un breve briefing sui segnali manuali e ROE.
Gli ottimi Matt e British guideranno le due squadre, cerco di incitare i ragazzi e la risposta è buona. Arrivati in vista del punto di Respawn la squadra di British si distende in linea di fronte parallela all’obiettivo, mentre quella guidata da Matt, apre il fuoco compatta e coperta da un fitto bosco. Di li a poco il teflon comincia a volare ovunque, subiamo molte perdite e non si fanno attendere le grida che invocano il soccorso del medico.

Usando sapientemente la copertura delle minimi, i medici corrono da una parte all’altra per rimettere in sesto i colpiti; dopo aver usato anche l’ultimo caricatore e speso l’ultimo pallino per quella maledetta postazione, i mercenari cedono e l’attacco a tenaglia da i suoi buoni frutti.
Pare che gli avversari abbiano chiamato rinforzi. Non avremmo resistito ad un ulteriore assalto dato che eravamo decimati e con i caricatori vuoti.
Chiusi in un cerchio che si stringeva gradualmente con l’avanzare degli avversari, stavamo per soccombere, quando fanno la loro comparsa i ragazzi della compagnia India venutici in soccorso.
I ragazzi predispongono un perimetro difensivo arrestando l’avanzata nemica; ciò ci permette di effettuare una recon in cerca delle taniche di carburante che, ahimè, non troviamo.
Stanchi, ma soddisfatti, rientriamo alla base.
Solo questa breve parentesi sarebbe sufficiente per giustificare il viaggio in Svezia e credo che ne serberemo il ricordo portandolo sempre con noi.
Respinti vari attacchi diretti al nostro campo, ci accingiamo a riposare.

L’indomani ci prepariamo per attaccare Bashir City. Pare gli accordi diplomatici siano saltati e che tutte le forze si siano coalizzate contro la Nato.
Al suono dei bombardamenti, simulati con fuochi pirotecnici, ci gettiamo dentro le trincee.
La crew avrebbe stabilito il raggio dell’esplosione indicando gli eventuali "colpiti", che si sarebbero dovuti dichiarare.
Sven sposta i plotoni in modo che l’attacco congiunto dei mercenari e separatisti si infranga contro le difese della base NATO. L’ottimo squad leader Maxx23 ed i suoi ragazzi fanno un lavoro egregio, così come la squadra diretta da Papi, Ocelot ed Acciugone.
L’attacco sembra respinto ed è imperativo partire alla volta di Bashir City.
Lungo il tragitto ci imbattiamo nuovamente nella Traveller’s Lodge, caduta nuovamente sotto il controllo dei Mercenari. Mentre cerco di disporre il plotone per l’attacco, così come ordinato da Sven, vengo chiamato da un ufficiale della compagnia alleata "Oscar", che mi avverte della recon preventiva in atto e mi intima di attendere.
Indietreggiare o arrestarsi, avrebbe significato cadere sotto il fuoco incrociato degli avversari, appostati a circa 70 metri da noi. Ignorando gli "accidenti" che mi urlava in inglese l’ufficiale della Oscar, faccio disporre il plotone in linea di fronte in ordine sparso.
Non appena l’ultimo uomo è in posizione, al grido "SPINGERE!" il plotone avanza aprendo il fuoco. Maso con il suo plotone si lancia nell’azione fornendo un elevato volume di fuoco, mai scontro fu più aspro.
I colpiti erano decine e le minimi non smettevano di sparare, gli sniper avversari mietevano molte vittime, ma l’irruenza con la quale i ragazzi conducono l’attacco ci permette di espugnare la Traveller’s Lodge e di issare la bandiera italiana.
Qualche difficoltà l’abbiamo avuta per richiamare gli uomini indietro; è difficile non inseguire gli avversari e smettere di sparare quando l’azione è nella fase conclusiva, ma dietro la minaccia che non avremmo mandato medici a soccorrerli, sono rientrati tutti nei ranghi (grazie a Nitro e Biolawless per l’impegno profuso e per essersi sgolati).
Lungo la strada per Bashir City incontriamo 15 mercenari disarmati e li catturiamo, ma non potendo dedicare uomini alla loro detenzione, ci viene ordinato di effettuare il knife kill.
Significa che i mercenari dovevano fare rientro al primo respawn point e ritenersi "colpiti". L’attacco a Bashir City è stato tra i più epici e divertenti, nonostante non sia riuscito.
Lo schieramento avversario vedeva i Mercenari, i Separatisti, le Tigri di Milo ed i civili coalizzati contro la NATO, che aveva schierato quattro compagnie per portare a termine l’offensiva.

Molte informazioni in merito ai movimenti degli avversari ci giungevano grazie a Ser (Sierra 6), che intercettava le comunicazioni radio in russo e le traduceva in italiano.
La nostra Lima Company avanza con difficoltà decimata dal fuoco delle minimi schierate all’interno di un bosco e su un’altura posta alla nostra destra.
Alte le grida risuonano nell’aria ed è subito caos.
Uomini che vengono trascinati al sicuro dai medici, altri che incitano ad andare avanti, Matt, Basetta, Jackson, British e tutti i capi sierra si lanciano all’assalto ed i BB sibilano ovunque.
Dalla mia posizione non riesco a distinguere bene i movimenti del plotone impantanato nel bosco, ma dalle invocazioni rivolte ai medici, capisco che le cose non stanno andando per il meglio.
Purtroppo una compagnia alleata subisce l’80% di perdite a causa di un bombardamento e l’attacco comincia a perdere vigore.
Rimasto solo con il marconista, provo a vedere che effetto fa trovarsi in prima linea ed organizzo un rally point, cercando di radunare ogni uomo che indossi la vegetata, solo un attacco congiunto poteva salvarci.
Purtroppo non siamo abbastanza e vengo colpito dal fuoco di un cecchino appostato sul tetto di una casa; una volta curato cerco di avanzare e vedo Sven brandire una pistola, capisco allora che ci stiamo giocando il tutto per tutto e che con italica fierezza stiamo tirando gli ultimi colpi prima di soccombere.
Di li a poco, vengo colpito per la seconda volta.
Non rimane che fare rotta verso il respawn point più vicino.
Dopo circa mezzora arriva la comunicazione da parte della Crew, che comunica la fine del Berget.

Non sono sicuro del fatto che gli eventi si siano svolti cronologicamente come descritto, ma il sole di mezzanotte ha contribuito a far perdere ogni riferimento temporale.
Come già espresso, credo che anche quest’anno l’Italia sia stata ben rappresentata, quel che conta è l’apprezzamento dell’organizzazione e del Comandante NATO, poco possono le polemiche nate sui forum stranieri.
Il Berget non è fatto solo di scontri memorabili, ma di attimi da vivere, di momenti da assaporare e mi ha soddisfatto sparare solo tre caricatori monofilari in tre giorni di gioco.
Sia ben chiaro, che chi partecipa al Berget non fa assolutamente parte di un’elite, ma è un normale softgunner.
La fatica e le esperienze condivise, hanno fatto nascere legami che porteremo sempre con noi, fino alla fine, usque ad finem!

23-24-25-26-27 Giugno 2009