Giovedì 20, ore 10:00
Carichi di entusiasmo ci rechiamo nei pressi di India2, il punto
d'infiltrazione designato per l’inizio della nostra avventura.
L'obiettivo è raccogliere informazioni riguardo "El Toro" e il suo
cartello, da tempo a capo del narcotraffico mondiale e probabile
responsabile della morte di 4 giornalisti.
L'area operativa è caratterizzata da due centri abitati nel cuore
della valle, basi operative e logistiche del cartello, costeggiate
da alte vette e ripidi pendii, un paesaggio aspro come solo la
Liguria può offrirti.
Affardellati come non mai, dopo 3h di ripida salita raggiungiamo il
primo punto di osservazione designato, Jager si stacca per osservare
il paese di Realdo dalla vetta del monte Pellegrino ( 1.500mt)
mentre Mops e Spider avanziamo per altri 3km in direzione dei ruderi
abbandonati di case di Quin (1.350mt) per conquistare la giusta
visuale sul compound di Verdeggia.
Alle 15 la cache è pronta ed inizia la fase recon della missione.
Nelle successive ore lo scope riesce ad individuare il principale
motivo della nostra presenza in quelle tanto belle quanto aspre
montagne: “El Toro”. La sua abitazione, leggermente defilata
rispetto il centro abitato di Verdeggia, viene perennemente
presidiata da 4 operatori, mentre il nostro target fa avanti e
indietro nei due paesi gestendo i suoi traffici ed ignaro del nostro
occhio su di lui.
La scarsa copertura di rete rende difficoltoso inviare il materiale
fotografico ad OPCOM, che cerchiamo di tenere costantemente
aggiornato, e con il sopraggiungere della notte la visione notturna
aiuta a scandagliare la zona e cogliere i movimenti delle pattuglie,
gli orari, e due infernali check point nei principali snodi stradali
che hanno evidentemente l’obiettivo di scoraggiare idea di
sviluppare un percorso a valle.
Incrociando il movimento dei mezzi con le comunicazioni radio, in
nottata riusciamo ad individuare tutte le strutture operative dei
trafficanti di droga: depositi, prigioni, aree di ristoro e
dormitori.
In meno di 18h, riusciamo ad avere una chiara idea di come sono
disposte le forze ostili e dei loro punti nevralgici. Soddisfatti ci
infiliamo nel sacco.
Venerdì mattina riprende l’osservazione, notiamo che il modus
operandi dei trafficanti a difesa del compound non cambia: presidio
costante a difesa dell’abitazione del target i margini operativi per
poter effettuare una direct action, con il fine di assassinare in
modo non violento il leader del narcotraffico, risultano molto
pochi.
Per le 15.00 abbiamo annotato e fotografato tutto quello che si
poteva vedere dal fianco est della valle e ci ricompattiamo sopra
Verdeggia.
Non facciamo in tempo a mettere in atto le successive mosse che le
condizioni meteo stravolgono i nostri programmi, decidiamo quindi di
rientrare alla cache, aspettare miglioramenti meteo e analizzare
insieme tutti i pezzi raccolti.
Passano le ore e la pioggia non diminuisce, così decidiamo di
riposarci per essere operativi per la notte, quando via radio
apprendiamo della festa del patrono, occasione unica per approcciare
l’abitazione del target priva di sorveglianza, peccato che siamo in
quota e non possiamo cogliere l’occasione.
Sono le 2:30 quando nebbia e pioggia ci fanno definitivamente
desistere: la giornata è stata infruttuosa ed abbiamo perso il
vantaggio acquisito nelle prime 24h.
La mattina di sabato smontiamo la chace, rimettiamo in spalla il
pesante zaino e ripartiamo, questa volta in direzione sp89 - Passo
della Guardia. Si tratta di una strada sterrata militare che gira a
nord intorno a tutta la valle, così da avere un altro punto di vista
e confermare l'unico obj del quale ancora abbiamo poche
informazioni: l'edificio sito a sant’Antonio, probabile prigione.
Il percorso si rivela un’emozione per gli occhi passo dopo passo, la
strada in quota ci permette di godere di scorci straordinari,
istantanee che sicuramente ci accompagneranno in futuro come ricordi
felici in un contesto unico al mondo.
Sfruttiamo l'occasione per dare un ulteriore sguardo sul compound di
Verdeggia, che conferma le informazioni acquisite nei giorni
precedenti: un approccio diurno è pressoché impossibile, abbiamo
perso forse l’unica occasione.
Dopo esserci spinti fino in Francia, finalmente troviamo un punto
adeguato a monitorare l'obj, piazziamo l’attrezzatura e riprendiamo
l’osservazione: la pattuglia presidia costantemente tutte le vie
d’accesso, anche su questo obj una direct action non è praticabile.
Mops chiede il passaggio del drone, una idea davvero brillante: i
nostri scope e il drone riescono a riprendere in contemporanea, e da
due punti di vista differenti, i momenti in cui un ostaggio viene
prelevato dall'edificio e trascinato da El Toro e la sua scorta
presso l'obj identificato come Matadora: dunque quella è veramente
una prigione e c’è almeno un sopravvissuto.
Riprendiamo il momento in cui viene caricato sul pickup, in
lontananza sentiamo le urla dei suoi aguzzini seguiti da 2 chiari
colpi di arma da fuoco. Sul momento pensiamo che sia stato
giustiziato e il suo corpo appeso insieme a quello dei suoi
colleghi, ma pochi minuti dopo vediamo il convoglio tornare e
riprendiamo il momento in cui il giornalista viene riportato
nuovamente in prigione, malconcio ma vivo.
Dopo 56h il quadro è veramente completo, abbiamo raggiunto tutti gli
obiettivi primari e recuperato tutte le info che potevamo carpire
tramite le recon, ci rimane da scendere a valle per avvelenare El
Toro e liberare il prigioniero.
Comunichiamo il tutto a OPCOM dal quale dobbiamo avere luce verde a
procedere, ma ci vorranno più di 2h ad inviare i file a causa della
scarsa copertura di rete, e questo è stato il nostro principale
errore in questo evento.
Avevamo previsto di scendere il pomeriggio di sabato e colpire con
il favore del buio, pronti e carichi, ma è stato proprio il buio a
tradirci: nella concitazione del momento abbiamo perso di vista lo
scorrere del tempo e l’ombra ci ha colto ancora in vetta.
A quel punto lo scenario prevedeva di scendere senza luna per un
sentiero appena accennato, reso scivoloso dalla pioggia, e con una
pendenza del 60%... Ci proviamo, ma sale anche la nebbia, fatichiamo
a vedere i nostri piedi, ed in quel buio pesto accendere una luce
significa avvisare tutta la valle del nostro arrivo.
Anche in questo gioco, come nella realtà che imitiamo, arriva il
momento in cui il team leader deve rovinare la festa ai suoi
compagni, ed è così che dopo svariati tentativi Jager pronuncia le
parole che tutti temevamo: “non andiamo oltre, si torna in quota”.
Ci consultiamo, analizziamo la situazione, ed è a malincuore che
decidiamo di rinunciare, non ci sono le condizioni di sicurezza per
poter procedere, e paradossalmente, nella irragionevolezza che
deriva dal fomento dell’azione imminente, non è tanto il rischio di
farsi male che pesa, quanto quello di vanificare tutto il lavoro
fatto nei due giorni e mezzo precedenti, lanciandosi in un avventato
assalto che con ogni probabilità avrebbe avuto l’esito di farci
scoprire e fallire la missione.
Come siamo cambiati è? Nel 9° non aspettiamo che il momento
dell’azione, si morde il freno nell’attesa, se c’è qualcosa che non
ci piace è stare ore in osservazione, e se non si conquista qualcosa
che siamo venuti a fare? Eppure ora prendiamo una decisione
contronatura: valutiamo i rischi ed i benefici… confesso che è la
prima volta che ci succede.
Sappiamo che è la cosa giusta da fare, togliamo il dito dal
grilletto e ci ritiriamo in silenzio, con un po’ di amarezza per le
occasioni non colte, forse più maturi, sicuramente un po' più
vecchi.
Per noi la WDW 22 finisce qui.
"WHO DARES WINS ”: chi osa vince, è il famoso motto che identifica
questo evento, e che profeticamente anticipa la sfida che ogni team
è chiamato ad affrontare.
La nostra sfida è stata quella di mettere in discussione noi stessi,
cambiare il nostro dna e la nostra forma mentis: un nuovo approccio,
svolgere per la prima volta un evento in chiave totalmente recon,
prendendoci il tempo necessario per analizzare, approfondire e
studiare, per cogliere il particolare invece di buttarci nella
mischia.
Aver avuto il coraggio, la follia, e la razionalità al tempo stesso,
di non voler per forza fare tutto; il sapersi fermare, il saper
passare la mano proprio quando toccava fare ciò che sai fare meglio
è stato il nostro modo di OSARE!
Sentirsi dire dalla 17° Rangers di aver svolto la migliore recon tra
tutte le pattuglie in campo è stata la nostra VITTORIA!
Grazie di cuore ai fantastici padroni di casa della Diciassettesima
Rangers, ai membri del IL Circuito , ed a tutti gli instancabili
controinterditori, per il privilegio di aver potuto partecipare a
questo meraviglioso evento, e per averci fatto scoprire una nuova
versione di noi stessi.
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